È considerato il re del kitsch. Nonché uno degli artisti più pagati al mondo: il suo Rabbit, una scultura in acciaio raffigurante un coniglio creata nel 1986, è stato venduto all’asta da Christie’s a New York per 91,1milioni di dollari (poco più di 80milioni di euro), superando il “Portrait of an artist” dell’artista britannico David Hockney.
Jeff Koons, icona statunitense del neo pop, capace di miscelare porno, celebrities e società dei consumi, deve la sua fortuna all’utilizzo di un’ampia gamma di tecniche con le quali è riuscito a ricucire insieme la lezione della pop art di Andy Warhol e quella del ready made di Marcel Duchamp…
… “spero che quando le persone guarderanno la mia mostra sentiranno un senso di wow e che realizzeranno come questo wow riguardi loro stesse”. Secondo l’artista, è proprio questo senso di stupore a garantire l’effetto democratizzante dell’arte, il suo potere di abbattere le gerarchie e di fondare una repubblica basata sulla meraviglia. In effetti, attraversando le sue opere, è praticamente impossibile non restare stupiti. Cani, fiori e palloncini colorati e specchianti. Michael Jackson in ceramica accompagnato da finiture d’oro al fianco di una scimmia. Il ciclo “Made in Haeven” con la moglie Cicciolina con cui fa gridare allo scandalo alla Biennale di Venezia del 1990. Il “Puppy fiorito” che troneggia all’ingresso del Guggenheim di Bilbao progettato da Frank ‘O Ghery. Dopo i Paesi Baschi è la volta della collezione Pinault, poi di quella Vuitton a Parigi fino alla Fondazione Prada di Milano…
… Negli anni non sono mancate le accuse da certa parte della critica che lo ha bollato come affarista, capace di creare “allure” sul nulla per un pubblico di ricchi annoiati. Lui, Mr. Koons, non si è mai lasciato scalfire, ricordando che materia del contendere non è l’arte, né i soldi, ma l’uomo e l’intensità. Il consumismo rientra nel ciclo. Come tanti tasselli del quotidiano e degli oggetti che l’artista reinventa e trasforma attraverso processi molto lunghi e dispendiosi…
Articolo completo sulla rivista IconArt Magazine 2019
Lascia un commento