Il primordio, l’esplosione di polveri arborescenti, foglie stilizzate, la formazione di continenti-feti che mutano in un corpo unico. Si parte da qui nel processo artistico di Cinzia Inglese, originaria di Casarano. La terra dai colori gialli, il Salento, il mondo dei tarantolati, i luoghi in cui l’antropologia diventa studio sul campo e conservatrice di tradizioni millenarie. […]
«Non sono intrappolata in un unico canone – spiega – La mia libertà si traduce anche nell’uso creativo dei materiali e nella rappresentazione dei soggetti. Ho iniziato a dipingere 25 anni fa da autodidatta. Cominciai con la natura morta, a olio, e per diversi anni ho dipinto grandi classici, le pesche di Figino, fiori, volti, alcuni dettagli del corpo. Utilizzavo acquerelli fatti in casa. Poi ho iniziato a sviluppare uno stile più personale. Sono passata a utilizzare l’acrilico. Mi piacciono le pietre, le sabbie, il gesso, le colle. Adoro lo studio accurato dei colori. Anche quando i miei quadri sembrano monocromatici, in realtà non lo sono mai. L’effetto delle macchie serve a creare movimento. Lo studio maniacale del colore fa parte del mio stile».
[…] Le doti artistiche di Cinzia Inglese si affacciano fin dai primi anni di scuola, […] Per un po’ le strade si dividono e la giovane creativa imbocca un percorso differente. […] Da un anno e mezzo ha deciso di aprirsi al mondo e non si è più fermata, fino a vincere prestigiosi concorsi, tra cui il Premio Van Gogh, il Premio Galileo Galilei, il secondo posto assoluto al “Premio Vittorio Sgarbi”. […]«Voglio dare l’idea che la natura possa avvolgere tutto ciò che noi esseri umani creiamo, anche elementi assolutamente negativi, quindi plastica, scarti – spiega Cinzia Inglese – Ma il paradosso è che gli elementi innaturali diventano quasi normali all’interno del contesto, mentre gli elementi cosiddetti “naturali” diventano intrusi. Da qui l’opera “Alive”, cioè “sopravvissuto”, in cui compare una lucertolina in mezzo ai rifiuti e alla immondizia tecnologica lasciata dall’uomo. Un invito provocatorio a renderci conto che ogni nostra azione ha un effetto su ciò che ci circonda. Altro elemento dei miei quadri è la pericolosità, legato anche questo ad elementi ancestrali, un cadere nel buio, come in “Garbage in the blu”. Ciò che ognuno vive quando tocca il fondo e intorno ci sono solo vetri taglienti». […]
Articolo completo sulla rivista IconArt Magazine n° 23
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